Proroga contratti a tempo determinato

La legge 77/2020 di conversione del decreto rilancio (articolo 93, comma 1 bis) ha stabilito che per i lavoratori titolari di contratti a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, il termine dei rispettivi rapporti viene prorogato nella misura equivalente al periodo in cui l’attività è rimasta sospesa a causa dell’emergenza da Covid-19.

Dal momento che la legge di conversione del decreto Rilancio è entrata in vigore il 19 luglio 2020, si deve ritenere che la proroga “obbligatoria” riguardi i contratti a termine in essere alla predetta data, con esclusione quindi di quelli già scaduti. L’effetto della proroga è costituito dal prolungamento “forzato” del rapporto a termine per un numero di giornate pari a quelle di sospensione dell’attività lavorativa conseguenti all’emergenza epidemiologica da COVID-19, normalmente coincidenti con quelle di intervento dell’ammortizzatore sociale emergenziale applicabile (assegno ordinario del FIS, CIGO o cassa in deroga). Ad esempio, se il lavoratore a termine è rimasto assente per 14 settimane, cioè per le 9 settimane di ammortizzatore COVID del decreto Cura Italia e per le 5 aggiuntive del decreto Rilancio, le complessive giornate di sospensione ammonteranno a 70 giornate nel caso di distribuzione dell’orario su 5 giorni. Conseguentemente, il rapporto di lavoro a tempo determinato subirà lo “slittamento” del termine finale di 70 giornate.

Il prolungamento forzato del contratto a termine comporta per il datore di lavoro un onere straordinario e inatteso per una prestazione lavorativa che potrebbe non essere più necessaria. Si pensi, ad esempio, al contratto a termine stipulato per la sostituzione di una lavoratrice in maternità, che ora sia rientrata al lavoro e per la quale il datore di lavoro si trovi costretto a tenere in forza la sostituta per un periodo di 70 giornate con onere esclusivamente a proprio carico. Inoltre, la legge non prevede alcuna esenzione dal pagamento dell’ onere contributivo aggiuntivo, pari all’1,4% per il primo contratto incrementato dello 0,50% per ogni successivo rinnovo, la neutralizzazioned ella proroga imposta ai fini del computo dei limiti numerici o dei periodi massimi di utilizzo. Pertanto, ad esempio, il datore di lavoro potrà subire i seguenti effetti penalizzanti:1) impossibilità di assumere un altro lavoratore a termine per saturazione dei limiti numerici imposti dal CCNL applicato per un periodo corrispondente al prolungamento forzato del contratto a termine in essere; 2) computo del lavoratore a termine che per effetto del prolungamento superi la durata di sei mesi nella base di calcolo della quota prevista dalla L. n. 68/99 per il collocamento dei disabili;3) riconoscimento di un diritto di precedenza a favore del lavoratore che per effetto del prolungamento superi i sei mesi di lavoro a tempo determinato.

Il datore di lavoro che decidesse di ignorare il precetto dell’art. 93 c. 1- bis, lasciando scadere il contratto al termine originariamente previsto, si esporrebbe alla rivendicazione da parte del lavoratore di un risarcimento corrispondente alla retribuzione per le giornate di lavoro “aggiuntive” riconosciute dalla legge, ma non prestate.Analoga disciplina si applica ai contratti di apprendistato.

Avv. Innocenzo Megali

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