ANINSEI fa il punto sui mancati pagamenti da parte dello Stato del contributo alle Scuole Paritarie
di Francesco Pinti
19/07/2016
Il presidente Luigi Sepiacci reagisce alle false informazioni comparse sugli organi di stampa
Il presidente Luigi Sepiacci reagisce e fa il punto della situazione sulle false informazioni comparse sugli organi di stampa che accusano Aninsei di essere la causa dei ritardi e dei mancati pagamenti da parte dello Stato del contributo alle Scuole Paritarie.
Presidente Sepiacci cosa sta succedendo? Perché questa Vostra reazione e presa di posizione?
Aninsei a differenza di quanto è stato fatto credere ai suoi lettori combatte le situazioni di privilegio, non le ricerca per i suoi associati. Ed è stata costretta a chiedere il giudizio di ottemperanza al supremo giudice amministrativo: il Consiglio di Stato, in quanto il recentissimo DM del MIUR n. 637 del 3.6.2016, che assegna i contributi alle scuole Paritarie, è stato adottato 5 mesi dopo la sentenza 292/2016 in evidente difformità ai parametri stabiliti nella sentenza del Consiglio di Stato sull’argomento.
Ci spieghi meglio
Sui contributi dello Stato alle scuole paritarie siamo stati costretti a richiedere l’ottemperanza della sentenza 292/2016 del Consiglio di Stato, poiché il lasciare le cose come stanno ora sarebbe stato profondamente ingiusto verso i nostri associati e verso tutti quei gestori di scuole paritarie che oltre a dare un servizio d’eccellenza, lo riescono a fare dietro corrispettivi di quelli richiesti da scuole gestite da enti senza scopo di lucro. Se avessimo lasciato le cose come sono ora sarebbe stato paragonabile a permettere che ai poveri che hanno i capelli neri venga impedito di andare a sfamarsi alla mensa dei poveri: perché essa è stata pensata solo ed esclusivamente per i poveri che hanno i capelli rossi. Ciò è assurdo e inaccettabile.
Ci spiega cosa sta succedendo in merito alla ripartizione dei fondi ministeriali che vengono annualmente assegnati alla scuola paritaria?
Premetto che tutto nasce da una sentenza che appare rivoluzionaria nel panorama delle scuole paritarie italiane, ma che in realtà è il calco della normativa comunitaria già esistente. Mi riferisco cioè aI pronunciamento del Consiglio di Stato contenuto nella sentenza n. 292/16 dove si è chiaramente stabilito che le scuole senza scopo di lucro sono quelle che erogano il loro servizio senza corrispettivo o con il versamento di un importo simbolico.
Quindi, questo cosa sta a significare?
Vuole dire che scuole che erogano lo stesso servizio, a fronte di corrispettivi di uguale entità, non possono essere discriminate a fronte di criteri soggettivi, in merito cioè alla sola forma dell’ente gestore. Questo è previsto dalla normativa comunitaria che non ammette aiuti di Stato poiché potrebbero turbare la libera concorrenza, creando degli indebiti vantaggi verso gli uni, rispetto agli altri. Stiamo parlando di uno dei pilastri su cui si fonda l’Europa, cioè la libera concorrenza garantita dalla parità di trattamento da parte dello Stato. Altro che privilegi e privilegi di Aninsei!
Quindi, in realtà, non siete voi a volere essere privilegiati, bensì il mondo della scuola paritaria che è strutturata sotto forma di no profit e che rivendica il mantenimento dello status quo?
Ci spieghi il mondo della scuola cosiddetta No Profit come le scuole Aninsei possano erogare uno stesso servizio, se non migliore, e distribuire utili, mentre le strutture formalmente No Profit con rette di pari importo, e con i contributi dello Stato, a mala pena pareggiano i bilanci.
Sembrerebbe quindi solo un problema di politiche aziendali, di oculate scelte imprenditoriali che mal si addicono al mondo del no profit.
Ma vede è questo un problema non nuovo: già ai primi del 2013, l’ANINSEI, anche sulla scia dell’allora dichiarazione del vicepresidente della Commissione europea, con delega alla Concorrenza, Joaquín Almunia, che aveva affermato: Gli enti senza scopo di lucro svolgono un ruolo sociale importante. Tuttavia, quando tali enti operano sugli stessi mercati degli operatori commerciali, dobbiamo assicurarci che non beneficino di vantaggi indebiti, si rivolgeva al ministro Profumo perché di tale principio si tenesse conto nel DM sui criteri per la ripartizione dei fondi alle scuole paritarie, in via di emanazione. Ma il DM n. 46 del 30/01/2013, comunicato con circolare del 6/02/2016, contrariamente a quanto auspicato ripeteva pedissequamente le discriminazioni degli anni precedenti e pertanto l’ANINSEI si vedeva costretta a ricorrere al Tribunale Amministrativo Regionale. Con ricorso notificato l’8 aprile 2013 impugnava il decreto deducendone l’illegittimità.
Quindi è una vicenda che vi vede coinvolti da ben tre anni?
Infatti, noi di Aninsei ci rivolgemmo al Tar del Lazio per l’annullamento del decreto ministeriale n. 46 del 30 gennaio 2013. Il TAR sulla vicenda si pronunciò con la sentenza n. 3470/2014, depositata in data 28.3.2014, così stabilendo: lo accoglie in parte, e per l’effetto annulla l’art.4, comma 1, del d.m. 30 gennaio 2013, n. 46 in epigrafe impugnato nei termini indicati in motivazione. Lo respinge per la restante parte. Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari. In realtà Il TAR Lazio pur riconoscendo la validità delle tesi della ANINSEI sulla illegittimità di un criterio soggettivo nell’individuazione delle scuole da considerare senza scopo di lucro e quindi sulla necessità di criteri oggettivi poi riproponeva criteri soggettivi.
Ma non siamo ancora ai giorni nostri, vero?
Sia il MIUR che l’ANINSEI, per ragioni ovviamente opposte, non soddisfatti della sentenza si sono rivolti al Consiglio di Stato con appello n. 7068 del 2014, il primo, e con appello n. 7228 del 2014, la seconda e costituendosi nel reciproco ricorso dell’avversario.
A questo punto ci parli della rivoluzionaria sentenza del Consiglio di Stato di gennaio scorso.
Riunificati i ricorsi il Consiglio di Stato, sezione VI, presidente Filippo Patroni Griffi, consigliere estensore Marco Buricelli con la sentenza n. 292/2016 depositata il 28.1.2016 si è pronunziata stabilendo: -accoglie l’appello n. RG 7228 del 2014 di Aninsei per le ragioni ed entro i limiti specificati in motivazione e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado annullando il provvedimento impugnato in prime cure entro i limiti specificati al p. 4.1. della motivazione;
-respinge l’appello n. RG 7068 del 2014 del MIUR; -condanna il Ministero a rimborsare ad Aninsei le spese, i diritti e gli onorari di entrambi i gradi dei giudizi riuniti, che si liquidano in complessivi € 5.000,00 (euro cinquemila/00), comprensivi del rimborso delle spese generali, oltre a IVA e a CPA. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Insomma il Consiglio di Stato ha pronunciato una sentenza epocale: in buona sostanza, ha accolto la tesi dell’ANINSEI che le scuole paritarie senza fini di lucro non sono quelle gestite da soggetti giuridici senza fini di lucro, secondo il criterio soggettivo, ma sono quelle che svolgono il servizio scolastico senza corrispettivo, vale a dire a titolo gratuito, o dietro il versamento di un corrispettivo solo simbolico, per l’attività didattica prestata.
Immaginiamo lo stupore dei vertici del MIUR.
Ma vi è dipiù, le scuole gestite da enti senza scopo di lucro e gli enti con scopo di lucro sono da equiparare nella concessione di contributi diretti o indiretti, quando richiedono alle famiglie degli studenti i corrispettivi per le prestazioni didattiche svolte. Ne consegue che in assenza della condizione, da valutare in termini rigorosamente oggettivi, della gratuità o della quasi gratuità del servizio, il vantaggio selettivo e cioè i contributi e le esenzioni concessi solo ad alcuni Enti operanti nel settore (gli enti senza fini di lucro) costituisce “aiuto di Stato”, e si incorre perciò nel divieto e nel regime di illegittimità sancito più volte in sede comunitaria dalla Commissione Europea e, nelle sue pronunce, dalla Corte di Giustizia Europea. Una per tutte, vale la pena di ricordare la famosa sentenza della Corte di Giustizia 27 luglio 2003 – Altmark- in tema di aiuti di Stato. In realtà la sentenza del Consiglio di Stato diventa rilevante anche per un’altra questione sul tappeto e cioè la questione relativa alle agevolazioni in tema di IMU e di TARI.
Qual è stata la reazione del Ministero dell’Istruzione?
Uscita la sentenza l’ANINSEI si è subito rivolta al Capo di Gabinetto del MIUR per chiedere un incontro sulle conseguenze della sentenza. Con continui rinvii di appuntamenti telefonici si è arrivati alla fine di maggio senza che si arrivasse ad alcun confronto. L’ANINSEI si era però nel frattempo rivolta anche al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Claudio De Vincenti con il quale nel mese di luglio 2015 era stato affrontato il tema delle agevolazioni in tema di IMU e di TARI in un tavolo di confronto al quale erano presenti rappresentanti del MIUR, del MEF e delle associazioni della scuola paritaria. Con la nota protocollo n. DICA 0007327 del 5.4.2016 ha sollecitato il Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo – Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio per sollecitare gli Uffici di Gabinetto del MEF e del MIUR “a voler dare utili notizie all’Associazione”, ma senza alcun effetto.
E veniamo così ad oggi, all’emanazione del DM 637 del 3.6.2016 relativo ai contributi dell’anno scolastico 2015/2016.
I primi di giugno, su diffida della FISM Federazione Italiana Scuole Materne che si dichiarano allo stremo per la mancata corresponsione dei contributi, il ministro Giannini firma il D.M. 367/2016 e lo invia alla Corte dei Conti per il controllo di legittimità. Il Decreto che ha impegnato per oltre 4 mesi il Capo e il Vice Capo di Gabinetto, non supera però a giudizio dei legali dell’ANINSEI i landmark fissati dalla sentenza del Consiglio di Stato infatti accanto a criteri oggettivi il DM ripropone criteri soggettivi ripetendo una operazione di ortopedizzazione interpretativa che il Consiglio di Stato aveva già attribuito al TAR Lazio nella sentenza n. 3074/2014 che con la sentenza n. 292/2016 ha riformato.
Quindi per Aninsei siamo di nuovo al punto di partenza?
Attenzione, non per Aninsei, ma per il Consiglio di Stato, supremo giudice amministrativo, che ha detto: è irrilevante che un istituto scolastico, gestito secondo criteri imprenditoriali (e dunque finanziato con le rette pagate dagli alunni) faccia capo a soggetti i quali destinano a finalità di solidarietà sociale gli eventuali utili che residuano una volta remunerati i fattori produttivi. Ma ancor più è definibile operazione di ortopedizzazione interpretativa è il volere definire il versamento di corrispettivi di importo simbolico tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio. Stiamo parlando di contributi richiesti all’utenza che vanno da 5500 euro per le scuole dell’infanzia, ai circa settemila euro delle scuole superiori, come attualmente fissato nelle tabelle del MIUR. Mentre le scuole, anche se applicano le stesse rette simboliche (simboliche per modo di dire, ovviamente), ma risultando soggettivamente a scopo di lucro, non avrebbero diritto a nulla!
Presidente Sepiacci le sembra normale che il Ministero non abbia minimamente tenuto conto della sentenza del Consiglio di Stato?
No, assolutamente ed è per questo che Aninsei è stata costretta, da questa serie di eventi a presentare un nuovo ricorso al Consiglio di Stato, per ottenere l’ottemperanza alla sentenza dello stesso CdS n. 292 del 28 gennaio 2016 e per l’accertamento della nullità, previa sospensione, del Decreto Ministeriale 3 giugno 2016, protocollo n. 367.
Quindi in conclusione, come da alcuni sostenuto, la causa degli eventuali ritardi nei pagamenti non è imputabile ad Aninsei ed alla sua pervicace battaglia per le “briciole”?
Sono effettivamente briciole, che non consentono la libera scelta dei luoghi d’Istruzione da parte delle famiglie, ma i ritardi sono da attribuire solamente a chi intende mantenere uno stato di illegittimo privilegio. Un beneficio riconosciuto in maniera oggettiva non può essere considerato un privilegio per chi lo rivendica, mentre si afferma essere un diritto per chi già lo riceve.